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Se la rivoluzione in Libia è fatta dai giovani...e in Italia?
Presentazione del Libro sulla rivoluzione libica di Farid Adly
di Giulia Lionetto C.
In anteprima assoluta Farid Adly ha presentato sabato 14 Aprile al Salone del Libro di Messina “La rivoluzione libica” (ed. Il Saggiatore), una ricostruzione della recente vicenda che ha portato meno di un anno fa alla caduta del regime di Gheddafi. Farid Adly è un giornalista libico, collaboratore del Corriere della sera, giunto in Italia nel lontano 1966 e qui laureatosi in Ingegneria al Politecnico di Torino prima di dedicarsi totalmente al giornalismo e soprattutto a quello radiofonico. Nel suo libro, Farid Adly ripercorre la rivoluzione e la caduta della dittatura mescolando due tempi, quello dell’ordinamento dei fatti recenti e quello della memoria. Il suo racconto, come chiarisce lo stesso autore, non nasce da pretese storiche o storiografiche ma dall’esigenza di raccontare la sua terra, di produrre un controcanto ai luoghi comuni e alle mistificazioni operate dalla stampa straniera nei terribili giorni della guerra libica.
E’ interessante il suo libro, soprattutto perché l'autore propone una chiave di lettura poco usuale facendo assurge al ruolo di protagonisti di quella drammatica vicenda non i capi di stato dell’Occidente, la NATO, le "fantomatiche tribù libiche" quanto piuttosto i giovani di un paese schiacciato dalla corruzione, dal familismo, dall’ingiustizia. Il ritratto tracciato da Farid a noi suona simile a quello dei giovani che vivono in Italia (con le debite proporzioni è ovvio), accomunati dal senso di frustrazione e nella noia che cresce quando non esistono canali nei quali spendere e valorizzare i talenti acquisiti.
Farid evidenzia, infatti, la spaventosa contraddizione creatasi in Libia tra le aspettative che l’elevata scolarizzazione ha prodotto nelle giovani generazioni e la frustrazione a cui essi vanno incontro a causa dell’elevata disoccupazione; tra la libertà del mondo virtuale offerto da internet e una realtà fatta di oppressione e soggezione; tra l’apparente modernità della capitale e la reale arretratezza dell’economia… In questa miscela esplosiva di noia e insoddisfazione, di impotenza ed energie represse, Farid Adly trova la radice della rivoluzione che ha abbattuto Gheddafi, che ha tentato di far rinascere la speranza che qualcosa possa cambiare.
Una rivoluzione che, secondo Farid, ha restituito il sorriso ad un popolo storicamente “serio e severo”, poco incline alla battuta e al riso. E il dopo Gheddafi? Resta da risanare un paese, il più ricco d’Africa in termini di risorse… ma tale solo in teoria. In realtà, infatti, la ricchezza è stata concentrata solo nelle mani di pochissimi e Gheddafi dice Farid, in contrasto evidente con le promesse iniziali, si è dimostrato socialista “solo nel distribuire povertà a tutti in egual misura” e nell’accaparrare per sé ogni ricchezza e strumento di potere.
Anche gli scenari economici futuri meritano una riflessione … Cosa accadrà quando il petrolio, oggi 90% delle risorse del paese, si sarà esaurito? Probabilmente, rispomde l'autore, ci sarà semplicemente un ritorno alla Libia degli anni Cinquanta, all’agricoltura, alla pastorizia… Del resto i giovani libici hanno beneficiato ben poco della ricchezza derivata dall’oro nero e sono abituati ai sacrifici.
Spostandoci da una sponda all’altra del Mediterraneo, osservando lo spread che scende e che sale, la crisi del mercato del lavoro italiano, la disoccupazione giovanile e lo spauracchio di una possibile recessione del nostro paese, viene spontaneo chiedersi se i giovani italiani saprebbero affrontare con altrettanta “serenità” anche solo l’idea di un ritorno ai nostri anni Cinquanta.
Forse anche in Italia occorrerebbe il coraggio di fare una rivoluzione … non una rivoluzione per buttare giù un dittatore ma una rivoluzione culturale che cambi la mentalità che ha governato, con risultati assai deludenti, l’Italia degli ultimi decenni!
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