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Cos'è il bullismo e come si combatte?
Storia di un Bullo: R. Malpelo
Indagine sul fenomeno grazie a un testimone di eccezione
di Giulia Lionetto C.
Accade che la scuola, specialmente durante la ricreazione e il cambio dell’ora, diventi un tormento; il tragitto fino a casa un motivo d’angoscia; una passeggiata pomeridiana dura quanto una punizione ingiusta. Pochissimi lo confesseranno perché, in fondo, non è facile ammettere a se stessi e agli altri di aver riscosso botte e insulti invece che simpatia e approvazione … ma come si può superare un problema se non se ne parla o se si fa finta di poterlo rimuovere?
Il fenomeno, etichettato come bullismo, è più diffuso di quanto si pensi perché, spesso, assume forme infide e ambigue. Abbiamo chiesto al nostro amico Giovanni, della cui collaborazione speriamo poterci avvalere anche in futuro, la possibilità di accedere a una ricerca-
Giovanni ha studiato Malpelo, un ragazzino di circa 15 anni, interrogando amici, parenti, compagni e penetrando, grazie alla sua competenza in ambito psicologico, persino nei suoi pensieri. Il suo lavoro, di cui esporremo solo una sintesi, è particolarmente interessante perché focalizza l’attenzione sul bullo, illuminando la percezione che la società ha di lui e, viceversa, quella che lui ha del mondo che lo circonda. Vediamo cosa è saltato fuori.
Il vero nome di Malpelo non è Malpelo: è un soprannome, un nomignolo che gli hanno affibbiato a causa del suo caratteraccio. A vederlo è il classico tipo da cui è bene stare alla larga: trasandato, cupo, forte, dallo sguardo minaccioso e cattivo. Malpelo non va a scuola: l’hanno mandato a lavorare presto, per quanto anche lì combini più guai che altro. I suoi compagni lo descrivono come un tipo solitario e selvatico: durante la pausa, mentre tutti si riuniscono a gruppo per chiacchierare e mangiare qualcosa, Malpelo si mette in un angolo, in disparte, guardandoli storto con i suoi occhiacci maligni e progettando qualche nuovo sopruso. Fa paura.
Ormai, se scompare qualcosa, se succede un guaio, tutti sanno chi punire senza paura di sbagliare: Malpelo. Si dice che lui accetti punizioni e botte senza protestare perché, prima ancora di riceverli, è già pronto a vendicarsi con triplicata crudeltà. Non ha amici: scarica sulle persone e sui compagni più deboli le botte che ha ricevuto per le sue malefatte, e lo fa in modo spietato, con disumana violenza. Se non picchi più forte di lui non hai scampo: Malpelo si ferma solo quando il sangue fiotta dalla tua bocca e, quando questo accade, dirà che in fondo non ti ha fatto nulla e che la colpa è tua che sei tanto debole, una femminuccia. E la famiglia? La mamma si dispera di avere un simile figlio e ha paura ad avvicinarglisi anche solo per una carezza; la sorella, che ha provato a raddrizzarlo con le buone e con le cattive, giustamente si vergogna di lui.
Molti riconosceranno in questo ritratto un proprio compagno di scuola o un bulletto di quartiere. Quasi sicuramente, inoltre, molti si ritroveranno nel punto di vista della madre, dei compagni, della sorella o delle sue vittime, impotenti davanti a un ragazzo che non è possibile gestire. È inutile negarlo: Malpelo è un problema e un disagio per quanti hanno la sfortuna di vivergli accanto.
C’è un Malpelo, tuttavia, che quasi nessuno conosce: quello dei suoi intimi pensieri, delle emozioni e delle paure che lo agitano. Il solito Giovanni è riuscito a conoscere anche questo aspetto e ci ha dato delle indicazioni che, forse, potranno aiutarci a capire e conoscere meglio anche i "malpelo" che vivono accanto a noi. Dal suo punto di vista, il ragazzo non picchia per mera cattiveria ma perché quello è il solo linguaggio e il modo di comunicare che gli hanno insegnato. Interrogato sulla questione, cita la regola secondo la quale chi non può difendersi «va picchiato, perché non può picchiar lui; e s’ei potesse picchiare, ci pesterebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne a morsi» e che «se ti accade di dar delle busse, procura di darle più forte che puoi; così gli altri ti terranno da conto, e ne avrai tanti di meno addosso». Forte di questa consapevolezza, Malpelo vive difendendosi dagli altri invece che relazionandosi con loro: conosce solo due cose, la forza e la violenza rispetto alle quali o si soccombe o si vince. Considerato da tutti colpevole, sempre e comunque, Malpelo ha deciso di rispondere al ritratto che gli altri hanno fatto di lui: non prova a discolparsi quando non ha fatto nulla, perché sa che sarebbe inutile, e cerca di meritare la punizione ogni volta che gli è possibile, quantomeno per non avvertire il senso di ingiustizia. Malpelo non ha mai avuto una carezza da sua madre e non perché lui non le avrebbe volute … col tempo, però, si è convinto che è meglio così: è cresciuto più forte e ha imparato a non essere una femminuccia come quel compagno malato per il quale la madre, inspiegabilmente, si dispera. Dalla sua, infatti, il ragazzo ha imparato che una mamma ti vuole bene solo in base a quanti soldi sei in grado di portare a casa. Sa di non poter contare su nessuno se non su se stesso: grandi e piccoli lo evitano e, quando non possono farlo, non mancano di ricordargli che è un delinquente, un disgraziato, che nella vita non ha combinato né mai combinerà niente di buono. Nessuno, però, si è mai ricordato che è poco più di un bambino, che NON E’ SOLO UN DISAGIO per gli altri ma che, prima di tutto, è un ragazzo che HA UN DISAGIO, che ha bisogno di aiuto e di essere educato a regole diverse da quelle della sopraffazione. Il bullo può provenire da una famiglia disagiata o essere figlio di genitori troppo impegnati per dedicare a lui sufficienti attenzioni. Usa la violenza perché è stato educato con la violenza, quella delle botte o quella altrettanto dura dell’indifferenza. Quando la scuola, i professori, i genitori e gli adulti in genere ignorano questo particolare non impediscono che continuino a esserci due tipi di vittime: le vittime del bullo e il bullo stesso.
Descritto dal povero Ranocchio, il compagno più debole e malato da lui tiranneggiato, beffeggiato e picchiato, Malpelo è semplicemente un essere misterioso e imprevedibile, che si finge amico ma che poi ti picchia, che ha la tua stessa età ma che ti tiranneggia senza motivo e dalla cui forza brutale non è possibile difendersi … Agli adulti, tuttavia, non è concesso fermarsi alle manifestazioni esteriori di questo fenomeno senza fare riferimento al contesto sociale e/o familiare nel quale è inserito. Leggendo la storia di Malpelo, è facile commuoversi per lui, per Ranocchio e per l’asino grigio. I tre sono più vicini di quanto si pensi sebbene, con buona probabilità, l’asino e Ranocchio, sotto il peso delle sevizie quotidiane, odiassero e a ragione quel piccolo aguzzino. Non si riesce, invece, ad essere clementi con quei "Grandi" che, per raddrizzarlo, hanno continuato a picchiarlo e punirlo né con chi l’ha semplicemente etichettato come cattivo né con chi, vestito di ipocrisia, si è vergognato e si è disperato per quel figlio disgraziato.
Quanto alle vittime dei bulli, tacere non ha mai aiutato nessuno. Chi ci è già passato risponderà, forse, che parlarne con i professori e con i genitori non sempre ha risolto la questione anzi, talvolta, l’ha aggravata … si perché il bullo, lontano dagli occhi dei "Grandi", si è subito vendicato della "spiata" vessando con rinnovato entusiasmo. Il problema, però, è troppo grande per essere affrontato da soli e abbastanza pericoloso per decidere di subirlo in attesa che passi: parlandone con un adulto che reputiamo capace, invece, diamo a noi stessi e a lui la possibilità di vivere più serenamente la giovinezza.
Non si tratta semplicemente di difendere noi stessi da ingiuste vessazione e di rivendicare il nostro sacrosanto diritto ad essere rispettati … si tratta anche di impedire che il piccolo bullo, lasciato a se stesso e crescendo senza l’aiuto di nessuno, diventi ancora più pericoloso per se stesso e per gli altri. Vogliamo forse essere come quegli adulti che hanno lasciato Malpelo perdersi nel buio di una galleria sotterranea?
Si ringrazia Giovanni Verga per aver scritto la novella "Rosso Malpelo"!
Trailer del Film
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