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«IL CINQUE MAGGIO»: INNO ALLA FEDE
Scopriamo il vero significato dell'Ode di Manzoni
di Barbara Anastasi
«Il cinque maggio», contrariamente a quanto si crede, non è un inno a Napoleone Bonaparte. Bella Immortal! Benefica / Fede ai trïonfi avvezza! – scrive Alessandro Manzoni nella penultima strofa -
L’opera valuta la vicenda napoleonica alla luce di valori eterni e universali e non di criteri storico-
Vero è che Francesco De Sanctis riduceva l’elemento religioso a semplice «cornice del quadro» e privilegiava la prima parte, vedendo in essa la rappresentazione epico-
«L’ode testimonia – scrive Federico Roncoroni -
«Nella grandezza dell’uomo si avverte dunque la grandezza di Dio, ma questa umilia e ridimensiona quella» (Secondo Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese e Donnarumma). Certo, «La meditazione di Manzoni si concentra sulla straordinaria vicenda di Napoleone in una prospettiva che, pur partendo dagli eventi estremi, finisce per farsi interprete dei segreti travagli di un’anima, della lotta interiore che conduce alla conquista più alta: l’accettazione della misericordia divina. […] Lo spunto celebrativo, la romantica esaltazione dell’eroe restano così in secondo piano di fronte ad una vicenda che diventa espressione del contrasto tra l’illusorietà della gloria terrena e la pienezza della fede. Pertanto la storia di Napoleone […] si ricompone allo specchio dei suoi ultimi giorni: la meditazione sulla morte serve a capire il senso della vita, la conversione alla fede rappresenta la sua più alta vittoria, naturalmente secondo l’ottica religiosa di quel paradosso della croce cui esplicitamente si accenna negli ultimi versi» (Di Sacco, Baglio, Camisasca, Mangano, Serio).Già Petronio e Marando, comunque, avevano scritto che: “L’ode non è un inno alla gloria terrena di Napoleone” e Natalino Spegno aveva affermato che la sintesi della vita eroica di Napoleone è “ripensata alla luce della morte e dell’eternità, che annulla le effimere glorie terrene e adegua i grandi agli umili, i tiranni agli oppressi”. Il Flora nel 1950 così si esprimeva: “E il finale di questo canto epico a ritmo di danza solleva Napoleone fuor dalle rie parole, non per quella gloria umana che egli raggiunse; ma per aver come gli umili piegato il ginocchio innanzi a Dio: il più potente degli uomini si chinò innanzi alla Croce». Il vero motivo ispiratore, allora, è «Il motivo religioso, che conferisce unità alla possente e sintetica rievocazione della vita di Napoleone Bonaparte. L’ansia ambiziosa dell’attesa, la gloria sfolgorante delle vittorie, l’amarezza delle sconfitte e dell’esilio: tutto trova il suo centro nella meditazione religiosa del poeta. Qui, come altrove, ma con intensità eccezionale, la storia degli uomini è sentita come manifestazione della Provvidenza: e come in nessun’altra opera manzoniana, sono stati posti l’uno di fronte all’altro l’umano e l’eterno» (Vincenzo Courir). «Nel Cinque maggio predomina il sentimento religioso: è inno sacro, rappresentazione della “Provvida sventura”, apologia della fede, meno che tutto “ode civile”» (Folco Zanobini).
La figura di Napoleone è solo lo spunto occasionale, il movimento di partenza per pervenire al più profondo motivo poetico. La grandezza di Napoleone serve, infatti, come un binocolo usato a rovescio, a confermare nella sua infinita piccolezza e fragilità di fronte a Dio lo scarto infinito che esiste tra il piano dell’agire storico degli uomini e la misteriosa e remota logica del piano salvifico di Dio (nui/chiniam la fronte al massimo/fattor), creatore ed ordinatore del mondo. Così Manzoni torna a confermare il suo abbandono fiducioso a Dio (il Dio che atterra e suscita/che affanna e che consola) e, insieme, la sua perplessità ideologica e morale sui mezzi e sui fini dell’agire storico degli uomini.
«Dagli argomenti sviluppati nelle sequenze [dell’ode] si deduce facilmente come non sono le imprese che resero celebre Napoleone (alla rievocazione delle quali è dedicato appena un terzo dell’intera composizione) a costituire il topic del testo, bensì la riflessione sul disegno provvidenziale che anima la storia, all’interno del quale si inserisce il dramma umano del personaggio e il conforto della fede. Tra le prove poetiche più profondamente cristiane, l’ode esprime, insieme alla «Pentecoste», un esempio mirabile di poesia religiosa» (Mariani, Gnerre, Mordenti). Manzoni, infatti, rifiuta ogni sopravvalutazione dell’individualità umana e della gloria terrena, anche se non nega il fascino del momento terreno dell’esperienza umana. Inoltre, da buon liberale an-
Una versione del "5 maggio" tutta da ridere