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Il Gran Rifiuto del papa

Archivio > XIII numero - Marzo


Colui che fece per viltade il gran rifiuto

Benedetto XVI come Celestino V: perchè il papa abdica?

di Laura Micale


Talvolta gli eventi storici si ripetono con una ciclicità che stupisce: la crisi economica e delle coscienze, gli scioperi, i disordini… e adesso persino l’imprevedibile decisione papale di lasciare il ministero pietrino in un momento molto particolare della nostra storia. Questa notizia, accolta con stupore da tutto il mondo, cristiano e non, ci lascia un amaro in bocca e numerosi interrogativi: ci chiediamo se è colpa della nostra difficile epoca, carica di questioni ostiche e ancora insolute come aborto, fecondazione assistita, pedofilia, eutanasia, matrimoni tra gay e relative adozioni, abolizione del celibato dei sacerdoti; o della fuga di notizie e infedeltà dei segretari vaticani; o ancora di qualcosa di misterioso che non riusciamo ad afferrare… Tuttavia, credo sia sbagliato cercare le colpe o accusare di mancato coraggio Benedetto XVI. La sua è stata, anzi, una scelta di grande coraggio e umiltà! Ratzinger, giunto alla certezza di non essere più in grado di svolgere il suo servizio, ha preferito il bene della Chiesa a se stesso: è stato il vero pastore che, come Cristo, non ha ritenuto la sua dignità un tesoro da custodire gelosamente ma vi ha rinunciato per il bene della Chiesa, sapendo di poter essere criticato, additato e soprattutto non capito…
Di fronte a fatti difficili da comprendere,  per capire meglio guardiamo al passato perché, spesso, volgersi indietro aiuta. La storia registra alcuni rifiuti o rinunce del ministero pietrino: non sono molti ma tra questi si ricorda soprattutto quello del celebre Celestino V nel 1294.
Pietro da Morrone fu eletto papa quasi all’età di ottant’anni il 5 luglio 1294 e fu incoronato il 29 agosto prendendo il nome di Celestino V. Uomo di grande spiritualità, votato all’ascesi e alla preghiera, da papa si trovò al centro di interessi economici politici, tra cui le ingerenze di Carlo d'Angiò e le lotte interne all’aristocrazia cardinalizia, che non riusciva a comprendere e controllare.
Dopo soli 4 mesi, Celestino rinuncia alla carica e poco dopo, il 13 dicembre 1294, muore in isolamento nel castello di Fumone. Si pensa possa essere proprio questo papa l’anima alla quale Dante si riferisce nell’Inferno (III, 60) con l’espressione "colui che per viltade fece il gran rifiuto".
Il giudizio dantesco pare assai duro ed è forse motivato dal fatto che Celestino fu indirettamente responsabile della elezione del successivo pontefice che lo scrittore ritenne fautore del suo esilio. In realtà, le interpretazioni su questo personaggio sono abbastanza controverse. Oggi si tende a considerare Celestino V un uomo di straordinaria fede e di buon senso.
Chiaramente a Celestino si riferisce Francesco Petrarca che, nel De Vita Solitaria, lo cita come esempio per dimostrare che la solitudine avvicina a Dio, quindi come un uomo profondamente e incontestabilmente convinto del cammino di fede nel segno della croce. Nel confronto delle motivazioni delle loro rinunce, troviamo una similitudine tra Benedetto XVI e Celestino V:
Celestino motivava la sua rinuncia perché “spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta”; parole che sembrano echeggiare quanto affermato da Papa Benedetto XVI “… le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero pietrino… nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede…” e ancora… “il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato [---] sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando.”
E credo proprio che nessuno di noi lo voglia la sofferenza di Benedetto o scorgere nei suoi tratti i segni della pesantezza del Potere. Quando si arriva al  punto in cui il Potere  non può essere più Servizio, forse, è il caso di mettersi da parte. Tutti continueremo a cercare motivazioni e spiegazioni, perché non riusciamo ad abbandonare Ratzinger o ad accettare che lui ci abbandoni. Resta il fatto che ci ha lasciato una grande lezione. Di sicuro, anche da Papa Emerito, Benedetto XVI resterà sempre al nostro fianco con la preghiera e soprattutto con la fede, le uniche cose che, probabilmente, si aspetta a sua volta dai fedeli.


 
 
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