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Scuola e ragazzi: matrimonio impossibile?
Opinioni e giudizi sullo stato dell’istruzione scolastica in Italia
di Alberto Nicola Fiore
Negli ultimi anni la scuola italiana sta attraversando una fase di decadenza. Le classifiche internazionali esprimono dati molto eloquenti; il nostro livello di preparazione è lontano dall’eccellenza e gli altri paesi ci sovrastano.
La realtà quotidiana ci parla di arretratezza delle strutture, di insegnanti disinnamorati, di studenti svogliati, di tagli alla spesa pubblica per l’istruzione, di classi pollaio, di precari eterni, il tutto immerso in un clima di volontà conflittuali.
Purtroppo, quando le cose vanno male, è in voga la pessima abitudine di cercare un capro espiatorio a cui addossare ogni responsabilità. Si crea così un circolo vizioso in cui tutti danno la colpa a tutti perché il dito della condanna è sempre rivolto verso l’altro. D’altra parte chi fra noi non è modello esemplare, degno di medaglia al valore civile?
Le colpe, invece, vanno equamente divise perché una parte di esse va data agli organi preposti a questo settore della vita pubblica, ma anche noi singoli non facciamo abbastanza per superare le difficoltà.E’ giusto fin da ora precisare, per evitare inutile polemiche, che ogni osservazione riguarda le tendenze attualmente dominanti e non è rivolta a chi da sempre assolve appieno ai propri compiti e doveri.
Un elemento fondamentale da cui partire è rappresentato dal peso dei cambiamenti e dal rapporto dei giovani e degli adulti con il mondo moderno.
Gli insegnanti con una lunga carriera alle spalle non si riconoscono più nel nuovo ambiente e nei nuovi ragazzi e di fronte ad un avanzato decadimento spirituale e morale cedono allo sconforto. Quelli più giovani si trovano ad affrontare mille difficoltà e, davanti ad un presente privo di certezze, si disilludono e perdono il loro entusiasmo.
I genitori non sono da meno, perché spesso, invece di preoccuparsi assiduamente del comportamento e dello studio dei figli, annientati anche loro dai problemi della quotidianità, quando le forze nervose entrano in riserva, si scagliano contro gli insegnanti e contro la scuola che non sa educare e non sa dare la giusta preparazione. Il sistema stesso non funziona a dovere perché genera regole e leggi contrarie ad un reale progresso e non investe a sufficienza ( In Europa in quanto a spesa per l’istruzione siamo penultimi). I ragazzi, dal canto loro, fin da piccoli, divorati da un presente ammaliatore che seduce e inganna, portano avanti il loro percorso senza comprenderne il valore. L’accidia e la pigrizia la fanno da padroni; la voglia di apprendere tende a scomparire e i più si sentono tutti già maestri e sapientoni. Le aule divengono campi di battaglia dove si ha a che fare con ragazzi molto spigliati e svegli negli atteggiamenti irrisori di spavalderia, quanto disattenti e scarsamente concentrati i quali spesso si dichiarano frustrati dalla scuola, troppo impegnativa, noiosa, un peso, insomma, di cui farebbero volentieri a meno.
Di fronte a questo nuovo “pubblico” nuove capacità comunicative e pedagogiche assumono dunque una importanza superiore alla semplice trasmissione di nozioni fini a se stesse. La società poi rincara la dose perché propone ai ragazzi falsi modelli che ostentano, col loro successo venuto dal NULLA, l’inutilità della cultura e dell’impegno. Sono ben altre per la collettività le caratteristiche che una persona deve possedere; la serietà e la responsabilità sono prese per stupidità; la trasgressione e la superficialità sono gli attributi degli dei. Il merito è eclissato dalla furbizia e dalle scorciatoie.
Il discorso va orientato quindi molto sulla crisi spirituale che stiamo attraversando e sulla creazione di false verità e falsi miti. Spesso, infatti, assistiamo al trascorrere della vita con gli occhi chiusi. E’ come se racchiudessimo la realtà dentro i confini del luogo dove viviamo dimenticandoci invece che occupiamo solo un puntino sulla carta geografica. Così accade che anche i nostri pensieri sono limitati e la nostra visione delle cose è circoscritta. Ci crediamo i migliori, senza però domandarci se lo siamo davvero e quali sono i parametri che definiscono il concetto di migliore. Migliori dove? Nel puntino sulla mappa, forse, ma il mondo non è un puntino e ci sono milioni di persone che possono avere capacità superiori alle nostre e con cui saremo in competizione diretta. Ciò può voler dire che tra i migliori possiamo anche essere gli ultimi. Basta uscire dal circondario per accorgersi di esserci crogiolati in un ideale di superiorità che tale non è, anche per colpa di chi detiene il giudizio ma ha un orizzonte ristretto. Elogiare talvolta equivale ad ingannare. La sincerità può sembrare crudele ma in realtà ti fa crescere e ti prepara ad affrontare le sfide future.
Ciò che incide negativamente è quindi la scarsa profondità con cui guardiamo il mondo che ci circonda; essa determina una visione parziale della realtà. Possiamo appurare infatti che il giudizio più equo nasce nel momento in cui si determina un confronto che ci fa analizzare la questione da diversi punti di vista.
Proprio a questo proposito giova introdurre, per esemplificare, uno sguardo panoramico sul sistema scolastico giapponese. Esso la dice lunga sull’idea di “Pesantezza” degli studi e questo raffronto ci può essere utile per spingerci ad aprire un po’ la mente.
Nella scuola giapponese le lezioni cominciano alle 8 di mattina e si concludono alle 15 del pomeriggio. Si prosegue poi con le attività dei club scolastici (comprendenti sport e altre attività) che si svolgono dalle 15 alle 18. La giornata non termina qui. E’ necessario parlare di un’altra importante caratteristica della scuola giapponese: gli esami di fine anno e di ammissione. Nel sistema italiano, come sappiamo, vengono svolti gli esami di terza media e di quinto superiore. In Giappone gli esami si tengono alla metà ed alla fine di ogni anno scolastico. Il loro esito determinerà il passaggio all’anno successivo o la bocciatura. Inoltre, finita la scuola, per entrare alle medie o alle superiori, in molti casi, bisogna sostenere un esame di ammissione in quanto in Giappone il livello qualitativo delle scuole pubbliche è assai basso i diplomi che vi si conseguono sono scarsamente spendibili sul mercato del lavoro, per cui la maggior parte delle famiglie cerca di mandare i figli nelle scuole private a cui si accede tramite prove complicatissime. E’ quasi di regola, quindi, che per ottenere questo altissimo livello di preparazione, moltissimi studenti frequentano ulteriori lezioni presso istituti privati, che si effettuano solitamente dalle 18:00 alle 22:00. Da ciò si configura una giornata che per lo studente giapponese può cominciare alle 8 di mattina per terminare alle 22:00, salvo un ulteriore studio dopocena. Ne viene fuori che lo studente nipponico è oberato da un carico di lavoro a tratti massacrante. Un altro dato interessante è che nelle scuole non esistono bidelli. Le pulizie vengono effettuate a rotazione dagli studenti. La responsabilità dello stato delle aule, dei corridoi, dei bagni e del cortile della scuola è totalmente affidata ai ragazzi. Questo brevissimo sguardo sull’istruzione giapponese dovrebbe spingerci a riflettere e a pensare fino a dieci prima di parlare a sproposito.
Naturalmente tutte quelle fatte sono considerazioni che difficilmente mettono automaticamente radici nella testa dei ragazzi. Quando si è giovani non si possiede la maturità necessaria per comprendere certi concetti e certe questioni. Ecco perché diventa fondamentale il ruolo degli adulti (di tutti, non solo degli insegnanti) che hanno il dovere di accelerare il processo di maturazione nei giovani. L’imitazione è uno dei cardini dell’apprendimento. Comportamenti, azioni, parole, tutto si riflette sui ragazzi. Quindi ognuno di noi diventa diretto responsabile del loro comportamento.
Lo studente va responsabilizzato fin da piccolo e in lui bisogna sviluppare una coscienza sociale che vada oltre il semplice assorbimento di nozioni avulse da ogni forma di criticità e di collegamento con il reale.
Ricordiamoci poi che educare significa anche non dimenticare il passato e spiegare dove siamo arrivati e attraverso quali tappe. La scuola non è sempre stata un diritto acquisito. In passato era una istituzione aperta solo a poche anime elette mentre oggi è alla portata della stragrande maggioranza della popolazione. Essa non va vissuta con superficialità come se facessimo un favore a qualcuno ad andarci. La scuola è un dono e bisogna essere grati di poterla frequentare. Essa rappresenta lo strumento per creare un futuro migliore ( individuale e collettivo) perché è una delle basi sui cui si costruisce la società.
Concludendo, è inutile aspettarsi dei miracoli dal sistema. Dall’alto difficilmente arrivano colpi di bacchetta magica. Molto dipende dalla nostra buona volontà. Forse non possiamo cambiare la sostanza del mondo, ma sicuramente possiamo renderlo un posto migliore, partendo proprio dal miglioramento di noi stessi. La scuola in questo senso è una risorsa e tutti dobbiamo contribuire al suo giusto funzionamento creando, a partire da noi individui, una mentalità virtuosa che sia da modello per i giovani.
Una piccola scintilla può accendere un fuoco. Se poi si preferisce vivere nell’oscurità è una scelta personale.