Dante altro che pedante: la malfatata e la tenzone con forese donati - ZIP Rivista Letteraria per i Giovani

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Dante altro che pedante: la malfatata e la tenzone con forese donati


Dante tutt'altro che peDante
Scambi da "osteria" e gite in barca con gli amici fiorentini

di Giulia Lionetto Civa



A me Dante è sempre piaciuto, a pelle, dal primo momento. Capisco, però, che possa non essere così per tutti… soprattutto quando si pretende di far stringere amicizia allo studente con il poeta tramite la vivisezione della Divina Commedia in occasione di un’interrogazione.
Poi c’è questa storia del Padre della Lingua italiana, del colosso, del genio, del maestro dotato di auctoritas indiscutibile che merita chapeau per avere scritto non ricordo quante migliaia e migliaia di terzine in rima incatenata. E la vita? A memoria: guelfi bianchi e guelfi neri, la battaglia di Montaperti e tal altra vittoria o sconfitta. Perfetto: l’unico momento in cui lo sguardo sfavilla e la palpebra si rialza è quando un audace, mentre il compagno ripete a pappagallo la biografia del poeta, avanza l’ipotesi che Dante fumava erba … beh certo mica si può pretendere ancora viventi di fare una passeggiata all’inferno e in paradiso in altra maniera!
Eppure Dante era tutt’altro che pedante. Vuoi che sia pedante uno che in un serissimo poema, al cospetto del grande e saggio Virgilio, ha il coraggio di mettere un verso che suona “ed elli avea del cul fatto trombetta” (Inferno C. XXI v.139)?  Ammesso che serva,  evitiamo la parafrasi per eleganza.
Dante era uno che, se serviva, si ficcava in tenzoni poetiche tutt’altro che eleganti. Così, ad esempio, invia all’”amico” Forese Donati un sonetto per il quale, oggi come oggi,  avrebbe beccato come minimo una querela. Probabilmente i motivi di tanta acredine furono di carattere politico dato che  i Donati erano tra i capi della fazione dei Neri a lui avversa. Dante ci va giù pesante insultando, al pari del peggior ragazzaccio, la moglie di Donati e mettendo in dubbio la virilità di lui:

Chi udisse tossir la mal fatata
moglie di Bicci vocato Forese,
potrebbe dir ch’ell’ha forse vernata
4ove si fa ’l cristallo in quel paese.

Di mezzo agosto la truovi infreddata;
or sappi che de’ far d’ogni altro mese!
E non le val perché dorma calzata,
8merzé del copertoio c’ha cortonese.

La tosse, ’l freddo e l’altra mala voglia
no l’addovien per omor ch’abbia vecchi
11ma per difetto ch’ella sente al nido.

Piange la madre, c’ha più d’una doglia,
dicendo: "Lassa, che per fichi secchi
14messa l’avre’ ’n casa del conte Guido!


La sfortunata (mal fatata) è sempre raffreddata anche in piena estate perché, pur dormendo con le calze,  ha un mancanza “nel nido” ossia nel letto coniugale la cui coperta è “cortonese” cioè troppo corta. Volete leggere il verso innocentemente? Fate pure, ma sappiate che Dante intendeva fare un’allusione maligna sulle doti di Forese… uno di quei “complimenti” che i maschietti sono soliti scambiarsi tutt’oggi. Insomma, in quella camera da letto c’è sempre il gelo, anche ad agosto, perché il marito ha malavoglia (potrebbe essere addirittura omosessuale come sembrerebbe dal successivo sonetto V della tenzone): questa è l’unica causa della malattia della donna che non è vecchia (no l’addovien per omor ch’abbia vecchi)  e che dunque godrebbe di ottima salute se solo… Ma non si dovrebbero sempre lasciare le mogli fuori da questi scambi da “osteria”? Non c’è male per un Divin Poeta!
Forese rispose per le rime, tirando in ballo e offendendo, pur di rendergli pan per focaccia, persino il padre di lui già morto: anche questo molto politicamente corretto! Il tutto in una conversazione assolutamente pubblica, poiché i sonetti non erano corrispondenza privata ma circolavano liberamente entro una cerchia di persone non proprio ristretta.
Di suo, Dante non sarebbe stato affatto un piagnone se Beatrice non l’avesse rifiutato. E non avrebbe neanche fatto il viaggio nell’Oltretomba se avesse potuto ritrovarla sulla terra. In fondo, come ogni ragazzo innamorato e spensierato, egli non desiderava altro che fuggire su un vascello con Beatrice, con  i suoi più cari amici Lapo Gianni e Guido Cavalcanti e rispettive donne, per parlare sempre d’amore…


Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.


Altro che pedante!!!

 
 
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