Menu principale:
Una tregua di Natale
Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade...
di Angela Mirabile
Quando arriva dicembre sembra che l’aria si colori di nuova atmosfera. Ci si immerge in una dimensione d’attesa che si rinnova puntualmente ogni anno. Nella migliore delle tradizioni il perfetto quadretto natalizio è intriso di intimo calore familiare, che si contrappone al freddo inverno; le strade si illuminano di svariate decorazioni; le case di colorano con le mille luci degli addobbi che sbattono sui vetri delle finestre; i bambini non vedono l’ora di scrivere chilometriche lettere a Babbo Natale e fare la lista dei loro desideri (ricordandogli che quest’anno sono stati buoni e sperando che stavolta non dimentichi di portare tutti i regali). I più grandi, invece, programmano cene, corrono dietro le mille liste di regali da comprare e puntualmente ogni anno ci si lamenta della corsa dell’ultimo minuto, per scegliere l’ultimo pensierino perfetto.
Tutto sembra s-
Ma c’è anche un’altra dimensione del Natale, una ancora più intima e forse più triste e solitaria, lontana dal cieco consumismo, o dalla più spensierata gioia.
Non ho voglia/ Di tuffarmi/ In un gomitolo/ Di strade/ Ho tanta/ Stanchezza/ Sulle spalle/ Lasciatemi così/ Come una/ Cosa/ Posata/ In un/ Angolo/ E dimenticata/ Qui/ Non si sente/ Altro/ Che il caldo buono/ Sto/ Con le quattro/ Capriole/ Di fumo/ Del focolare
Questi versi appartengono a “Natale” di Giuseppe Ungaretti, poeta vissuto nel Novecento.
Lo stile è asciutto. Nessuna ridondanza lessicale. Come d’abitudine, il poeta lascia agli spazi grafici e alla nitidezza delle stesse parole, la possibilità di farsi strada fino alla mente del lettore.
Come rapide pennellate, ecco sparse qua e là varie metafore che riproducono con immediatezza l’atmosfera natalizia: “gomitoli di strade”; “caldo buono”; “focolare”.
Ungaretti nel 1916 ottenne un congedo per poter trascorrere nella sua casa il periodo natalizio. Siamo durante la prima guerra mondiale, e sicuramente l’esperienza bellica è stata traumatica anche per chi, come il poeta, in un primo momento aveva salutato con entusiasmo la nuova impresa italiana. Tuttavia ben presto la Grande Guerra si mostrò per quello che era: logorante conflitto tra uomini diversi solo per il colore della bandiera per cui combattevano. Nell’opera da cui è tratto il componimento, egli ce ne descrive la dura esperienza, intitolandola significativamente “Allegria di naufragi”: accanto a piccoli sprazzi di allegria, si nascondono immediati naufragi e crolli emotivi; entrambi sono momenti che aiutano a raggiungere la consapevolezza della fragilità e precarietà dell’esistenza umana.
La poesia in questione potrebbe proprio essere sintomo di un naufragio, che tuttavia, guardato da una prospettiva diversa, rappresenta anche una fugace allegria ritrovata, una tregua, seppur momentanea, dalla guerra.
Sembra di leggere una lapidaria, quanto tenera, preghiera perché il poeta possa rintanarsi nel caldo silenzio delle quattro mura domestiche.
Alla folla che c’è fuori, il poeta contrappone la solitudine della propria casa; al “gomitolo di strade”, che ritrae perfettamente il caotico via vai degli uomini, egli preferisce la solitudine, chiedendo di essere lasciato in un angolo, “come cosa dimenticata”.
Il raccoglimento interiore, il tepore del proprio focolare, che disegna “capriole di fumo”, sono le piccole cose veramente importanti che potranno rigenerare dalla stanchezza fisica, ma soprattutto interiore, un uomo consapevole di una guerra a cui presto dovrà far ritorno.
Ovviamente non si può interpretare un componimento prescindendo dal momento storico in cui l’autore scrive. Eppure, se anche solo per un momento, provassimo a strappare questo testo dal suo periodo storico per trasferirlo nel nostro, i versi non perderebbero affatto la loro intensità, tingendosi di attualità.
Ed ecco che a ben guardarle, anche le nostre strade sono un gomitolo caotico e informe. E forse noi, che non abbiamo la stessa “stanchezza sulle spalle”, scopriamo di volere una tregua: sederci di fronte al nostro caminetto, magari in compagnia di un bel libro, per riposarci un attimo, prima di “rituffarci” ancora nel mondo.
Il Natale di Ungaretti non è il Natale felice e intenso che siamo soliti immaginare, sia per suggestioni infantili che per impulsi pubblicitari. Tuttavia, non è scontato che il testo della poesia debba esprimere solo cupa tristezza: leggendola attentamente, è come se, grazie alle sensazioni che ci suggerisce il poeta, rispolverassimo il Natale, rivisitandolo in una dimensione un po’ più intima e meno frenetica.