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Nella vita reale, l'amore non ha i colori di una cartolina di san Valentino
Amore o tormento?
Le sfumature e le contraddizione del sentimento amoroso nella poesia di Petrarca
Di Laura Micale
Il greco antico, a differenza dell’italiano, usa un termine diverso per ogni tipo d’amore: Agape (αγάπη), ad esempio, è l’amore incondizionato che può anche non essere ricambiato; Philia (φιλία) indica un legame affettivo profondo caratterizzato dalla reciprocità, come quello tra amici; Eros (έρως) definisce l'amore sessuale; Anteros (αντέρως) è l'amore corrisposto. In prossimità di San Valentino, ognuno di noi sogna un Amore che inglobi tutte le precedenti sfumature: incondizionato, passionale, complice, corrisposto. Più spesso, ci troviamo a fare i conti con storie tutt’altro che perfette, con sentimenti contradditori o non ricambiati, con amori travagliati o con anime tormentate dal dubbio, dal rimorso, dalla delusione. Nella vita reale, nessuno possiede la palla di vetro per prevedere il futuro: durante il cammino tanti se e tanti ma vengono fuori o ci imbattiamo in ostacoli imprevisti. E’ l’altra faccia dell’amore, quella più comune agli esseri umani ma che non trova posto nella cartoline di San Valentino o nelle commedie romantiche.
Tuttavia, esiste almeno un’opera letteraria che scandaglia e mette a nudo tutte le ripercussioni del sentimento amoroso sull’animo umano. Si tratta del Canzoniere di Francesco Petrarca, opera che raccoglie 366 componimenti (317 sonetti, 29 canzoni e 7 ballate e 4 madrigali) suddivisi in vita e in morte di Laura, la donna che sconvolse la pace interiore del poeta. Petrarca era un chierico, aveva preso i voti minori. Questa scelta va contestualizzata nel periodo storico in cui visse, il 1300. A Firenze, come Dante, Petrarca assistette in prima persona alle lotte tra guelfi e ghibellini, alle carestie, alla pestilenza, alla crisi del papato trasferito ad Avignone, alla nascita delle Signorie: da questa realtà fu inevitabilmente deluso. Il poeta disprezza il mondo, sente il bisogno di qualcosa di assoluto ed eterno, che concili l’aspirazione al divino e l’umano, e cerca una stabilità che tolga ai piaceri terreni il peccato. Queste sono le ragioni della sua scelta religiosa. In un certo senso, anche Laura si inserisce in quest’ottica, pur se, come dice il poeta, tutto inizia per una vendetta di Amor che per punire un dì ben mille offese,/celatamente l’arco riprese,/ come huom che a nocer luogo et tempo aspetta (II). E’ il Venerdì Santo del 1327: l’amore divampa. Questo sentimento è subito sentito come un peso da cui non si può liberare, che lo costringe a combattere tra un amore nobile e un desiderio più basso. Ecco che Laura, non più equivalente della Beatrice di dantesca memoria, è capace, con la sua bellezza, di accendere la fiamma della passione: “qual meraviglia si di sùbito arsi?” (XC). Il sentimento amoroso non è per lui fonte di gioia ma motivo di tormento interiore: l’amore non è nemmeno ricambiato, lo distrae dai suoi progetti di vita, lo fa sentire in colpa.
Per distogliersi da simili pensieri, Petrarca cerca di impegnare altrove la sua mente: così nel Canzoniere compaiono anche componimenti di genere politico. Per quanto egli cerchi rifugio nelle distrazioni più varie, sente la colpa continuamente in se stesso e non riesce a sottrarsi. Cerca, allora, di trovare una sorta di soluzione ai propri tormenti d’amore, contemperando l’amore per la sua donna con il pensiero di Dio. Deluso, poi speranzoso, poi nuovamente deluso, Petrarca fantastica rapimenti platonici. Solo il dolore e lo sconforto che lo assalgono per la sopraggiunta morte di Laura, pongono una drammatica soluzione al dissidio interiore. I lamenti e le lacrime si consolano, infine, al pensiero che Laura è in Paradiso. La donna, infatti, gli appare in sogno, lo consola, lo conforta, si avvicina al suo letto, lo prende per mano, gli confessa che lo ha amato, ma che adesso è tempo che lei lo guidi verso il Cielo, nel cammino verso la salvezza dell’anima. Ecco che l’amore per Laura trova lo spazio che più si gli addice: esso si traduce nell’amore per la Poesia. Il travaglio interiore viene superato e persino la Morte "bella parea nel suo bel viso".
Si nota, dunque, che le delusioni e i tormenti d’amore per il Poeta sono state la via verso la maturazione interiore, la conoscenza di se stesso e la stabilità.
Sembra un controsenso, ma anche gli amori tormentati, sbagliati o che fanno soffrire hanno una loro ragione. Capitano, sconvolgono e, seppure sembra che non possa esservi riparo, approdano comunque a una consolazione e a un risultato: lo troviamo dentro di noi. Occorre sempre conservare la forza di rialzarsi, per essere migliori e per credere ancora in questo meraviglioso ma difficile e contraddittorio sentimento che è l’Amore.
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