Menu principale:
Il finale di Eleonora Cannaò
Ora dunque i mafiosi l’avevano scoperto ed era condannato.
Si assunse l’esecuzione della condanna il figlio del vecchio capo: ne aveva il diritto per il lutto recente e per il grado del padre.
Furono studiate attentamente le abitudini del condannato e il luogo in cui viveva. Mentre quelli si preparavano, tuttavia, il giovane professionista venne a conoscenza dei loro piani da qualcuno molto vicino alla mafia che, però, era stato un suo amico d’infanzia. Decise di partire, immediatamente.
Avrebbe voluto portare con sé anche la madre, ma la donna era ormai molto anziana e rinunciò ad affrontare quel lungo viaggio. Anziana quanto furba però perché, per proteggere il figlio appena partito, prese il sangue di un animale e ricreò una vera e propria scena del crimine in casa sua. Così facendo sperava che i mafiosi, al loro arrivo, pensassero che qualcun altro, magari un gregario di una cosca diversa o un altro cane sciolto, l’avesse già ucciso per qualche vendetta di altra natura.
Venne sera e il figlio del vecchio capo si appostò aspettando che il giovane professionista uscisse di casa. Aspetto a lungo, ma nulla. Dunque si avvicinò alla casa e dalla finestra vide che non c’era nessuno. Nella stanza, però, c’era sangue sparso dappertutto. Il suo primo pensiero, quindi, fu quello che la madre aveva sperato e se ne andò comunicando agli altri che il giovane era morto.
Nel frattempo, invece, il giovane professionista era partito per New York dove, giorno per giorno, cominciò a ricostruirsi una vita. Incontrò una giovane della quale s’innamorò e che gli fece dimenticare tutta la sofferenza provata in passato per via di quell’amore che i mafiosi gli avevano portato via. I due si sposarono e vissero felici.
Il ragazzo non tornò mai più a casa perché tutti ormai lo credevano morto. La madre sentiva la sua mancanza ogni giorno, ma era felice di aver donato la vita a suo figlio una seconda volta.